Recentemente sono comparsi sul web alcuni articoli fuorvianti in merito all’ottenimento di un Visto e Permesso di Soggiorno italiano tramite la costituzione di un Ufficio di Rappresentanza sul territorio italiano.

È importante chiarire fin da subito che il Testo Unico Immigrazione non fa alcun riferimento specifico a questa tipologia di Permesso di Soggiorno se non all’interno di una categoria più ampia, che corrisponde al permesso di soggiorno per Distacco Intrasocietario.

Il Visto per Distacco Intrasocietario è stato concepito per i lavoratori subordinati di imprese straniere, con sede in un altro Stato membro dell’Unione Europea o in uno Stato extra UE, che vengono inviati temporaneamente presso un’impresa o sede italiana.

In particolare, ai sensi dell’art. 27 quinquies del Testo Unico Immigrazione, il distacco intrasocietario può effettuarsi quando l’ente ricevente è una società partecipata o comunque appartenente allo stesso gruppo societario della società distaccante, o quando è una sua filiale (anche detta sede secondaria) o un suo ufficio di rappresentanza.

Cos’è un Ufficio di Rappresentanza?

La legge Italiana non offre una definizione propria di “ufficio di rappresentanza”. Si fa dunque riferimento alla definizione contenuta nella Convenzione OCSE, secondo la quale un ufficio di rappresentanza è un ufficio stabile di una società estera in Italia avente solo funzioni promozionali, o di ricerca scientifica o di mercato, o altre attività di raccolta dati.

L’ufficio di rappresentanza deve dunque essere un luogo fisico, con preciso indirizzo, attraverso il quale la società opera in Italia in maniera prodromica e preparativa ad un eventuale futuro inizio di un’attività commerciale. Infatti, l’ufficio di rappresentanza può svolgere solo attività di studio e analisi del mercato o altre attività ausiliari, con l’esclusione di qualsiasi attività commerciale di vendita o produzione di beni o servizi.

L’apertura di un ufficio di rappresentanza è vincolata al compimento di alcune azioni determinate e alla produzione di documentazione specifica come:

  • una descrizione dettagliata dell’attività svolta dalla società su carta intestata della società;
  • una visura della società estera che intende aprire un ufficio di rappresentanza in Italia, che include lo statuto e il/i nome/i del/dei socio/i e dell’/degli amministratore/i;
  • una delibera straordinaria del CdA (o dell’amministratore unico) che dovrà (a) autorizzare l’apertura dell’ufficio di rappresentanza in Italia e indicare l’indirizzo dell’ufficio di rappresentanza e (b) nominare un preposto il quale può essere sia lo stesso amministratore della società estera sia un lavoratore della stessa;

Coerentemente con la non conduzione di attività di produzione o vendita e, quindi, la non produzione di profitti (è unicamente una voce di costo della Società straniera), da un punto di vista fiscale, l’ufficio di rappresentanza non è considerato una stabile organizzazione, e non deve pagare imposte sul territorio in cui è stabilito.

Di conseguenza, agli uffici di rappresentanza non è richiesto di depositare la dichiarazione dei redditi o le dichiarazioni a fini IVA ma dovranno semplicemente mantenere una contabilità interna per documentare le spese dell’ufficio e del suo personale, che saranno coperte dalla Società estera.

Il Visto e Permesso di Soggiorno per Distacco Intrasocietario

L’articolo 27-quinquies, consente la domanda di Permesso di Soggiorno per Distacco Intrasocietario solo ed esclusivamente ai dipendenti subordinati della società distaccante, ossia la società che invia in Italia i lavoratori. Solo coloro che hanno un rapporto di lavoro di subordinazione con la società distaccante potranno quindi essere trasferiti in distacco presso la società italiana. In Italia, il rapporto di subordinazione è, nella generalità dei casi, incompatibile con la figura di chi sia socio di maggioranza della Società distaccante. È intuitivo che chi controlli una Società non può al contempo esserne dipendente, e quindi subordinato alle direttive dell’amministrazione.

In giurisdizioni extra Europee però esistono nozioni di “dipendente” più ampie rispetto a quella italiana ed è ad esempio consentito che un socio di maggioranza di una società sia, formalmente, un dipendente della società stessa. Il conflitto tra concezioni diverse, più o meno rigide, di lavoro dipendente trova comunque chiara soluzione nell’Art. 2 comma 2 della Direttiva 96/71/CE, dove si esplicita che la nozione di lavoratore è quella applicata in base al diritto dello Stato membro nel cui territorio è distaccato il lavoratore. Il distacco verso l’Italia è dunque precluso a soci di maggioranza (ed eventualmente amministratori) di Società estere.

Come anticipato, inoltre, è importante sottolineare che la procedura per ottenere un Visto per Distacco Intrasocietario non cambia a seconda della natura dell’ente ospitante. In particolare, qualora l’ente ospitante sia un ufficio di rappresentanza, la procedura da seguire è sempre quella prefigurata dall’art.27-quinquies T.U. Immigrazione che si compone dei seguenti passaggi:

  1. ichiesta di Nulla Osta presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura competente;
  2. presentazione della domanda di Visto presso l’Ambasciata/Consolato italiano del luogo di residenza del richiedente;
  3. ingresso in Italia e richiesta del permesso di soggiorno presso la Prefettura di competenza entro 8 giorni;
  4. registrazione delle impronte digitali del richiedente presso la Questura di competenza;
  5. rilascio di un permesso di soggiorno di 2 anni.

Il Distacco Transnazionale su un ufficio di rappresentanza in Ambito Giuslavoristico

Una volta costituito l’Ufficio di Rappresentanza e ottenuto il Permesso di Soggiorno italiano è assolutamente necessario che la Società distaccante rispetti anche una serie di adempimenti specifici di natura giuslavoristica.

La disciplina in materia di distacco transnazionale è contenuta, a livello di legislazione nazionale, nel D.lgs. n.136/2016, il quale è stato emanato in attuazione della Direttiva 2014/67/UE, la quale a sua volta disciplina l’applicazione delle Direttiva 96/71/CE, norma europea capostipite in materia di distacco transnazionale e relative tutele[1] . La normativa citata è volta a tutelare i lavoratori distaccati nel territorio italiano da parte di imprese stabilite in un altro Stato Membro dell’Unione Europea o anche in Stati extraeuropei, assicurando il rispetto di un solido nucleo di tutele inerenti alle condizioni di lavoro, alla salute e alla sicurezza.

Durante il periodo del distacco e fino a 2 anni dalla cessazione, l’azienda straniera distaccante deve adempiere ai diversi obblighi, oltre all’evidente onere di continuare a retribuire il lavoratore . In merito alla retribuzione, poiché il rapporto di lavoro[2] è mantenuto con la società di provenienza (c.d. distaccante) durante tutto il periodo di distacco, va da sé che sarà suo onere retribuire il lavoratore.

Conclusioni: si può presentare domanda per un Rep. Office Visa?

Alla luce di quanto esposto si evince come la procedura di Visto per Distacco Intrasocietario tramite la costituzione di un Ufficio di Rappresentanza in realtà non può considerarsi come una via “facilitata” per stabilirsi e lavorare in Italia né è una via accessibile a gli amministratori soci di maggioranza di società estere.

D’altra parte, qualora un’impresa con sede in uno stato extraeuropeo abbia effettivamente intenzione di trasferire dei propri dipendenti in Italia per svolgere delle attività promozionali, o di ricerca scientifica o di mercato potrà farlo tramite la costituzione di un ufficio di rappresentanza e l’espletamento di della procedura per l’ottenimento di un Visto e permesso di soggiorno per Distacco Intrasocietario.

 

Per maggiori approfondimenti rispetto al questa tipologia di Visto e Permesso di Soggiorno e agli oneri conseguenti in capo alla società distaccante si rimanda alla versione integrale dell’articolo:

Scarica il PDF

Scritto da Pietro Derossi e Maria Cherubini

[1] Direttiva 96/71/CE, Art. 2, comma 1: “per lavoratore distaccato si intende il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente”.
[2] D.lgs. n. 136/2016, Art. 10, comma 3.